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  Trento, 10 settembre 2007 
            Modificazioni della legge provinciale 
            23 agosto 1993, n. 20, concernente  
            “Ordinamento della  professione di guida alpina,  
            di accompagnatore di territorio e di maestro di  sci  
            nella Provincia di Trento e modifiche alla legge provinciale 21 aprile  1987, n. 7  
            (Disciplina delle linee funiviarie in servizio pubblico e delle  piste da sci)” 
            IN MATERIA DI ORDINAMENTO DELLA PROFESSIONE  
            DI GESTORE DI  RIFUGIO ALPINO 
            Dedicato alla Montagna ed a tutti i Montanari, 
              a 150 anni dalla nascita dell’Alpine Club, 
              primo club alpinistico al mondo 
            RELAZIONE 
            Uno dei dibattiti che da qualche anno caratterizza  puntualmente la stagione estiva riguarda la tendenza della montagna ad attirare  un numero decrescente di giovani e la presunta crisi dell’alpinismo,  ravvisabile in un calo dei frequentatori delle vie alpinistiche classiche ed in  una modifica della tipologia e della modalità di frequentazione dei rifugi, da  sempre specchio fedele dei cambiamenti sociali in montagna. I rifugi vengono  così accusati di essersi trasformati in alberghetti d’alta quota, di aver perso  quell’aura magica di “ultima baita”, come magistralmente li definì il  giornalista Franco de Battaglia; di ospitare ormai una clientela troppo  ricercata, con aspettative troppo elevate rispetto a quello che un rifugio deve  – o dovrebbe - offrire dimenticando però che tutto quello che è cambiato sui  rifugi è in grandissima parte il risultato di modifiche nei comportamenti  sociali e nelle mode di fondovalle, rispetto alle quali la montagna non ha  saputo (anche politicamente) marcare nel tempo la propria specificità. Se la  prepotenza e la maleducazione hanno fatto la comparsa anche in quota ciò lo si  deve anche alla crescente diffusione di questi fenomeni nei fondovalle. Le  palme ed i giochi gonfiabili hanno fatto capolino anche in aree storicamente  vocate all’educazione ambientale ed all’alpinismo e non ci si stupisce più,  complici le stagioni invernali caratterizzate dall’imbarbarimento progressivo  della domanda e dell’offerta, della musica sparata in quota dai radiodiffusori. 
            Indagini svolte da Club alpini, università, centri di  ricerca hanno dimostrato come negli ultimi anni il rifugio sia cambiato anche  in funzione della domanda, ovvero di uno stile di vita della clientela che  ormai non accetta più – ovvero non abbastanza o non di buon grado come un tempo  – una sistemazione approssimativa per la notte ed un minestrone, ma chiede di  poter mangiare, riposare, pulirsi in una struttura di tipo alberghiero.  Inoltre, il rifugio che un tempo forniva il luogo per la sosta doverosa prima  della “conquista” di una cima – che restava la “meta” fondamentale  dell’escursione – sta sempre di più diventando meta in sé, nel senso che la  gran parte degli escursionisti ormai non vanno più oltre, più in alto, dello  stesso rifugio. E questo non può che preoccupare chi ha la promozione  dell’alpinismo tra le finalità del proprio statuto sociale. Perché i club  alpini, tutti, ad iniziare dal prestigioso Alpine Club fondato a Londra nel  1857, sono nati per “motivare e convincere” a salire sui monti, prima d’allora  evitati con cura dalle popolazioni locali perché luoghi orribili, privi di  valore economico e rischiosi per la pelle. La stessa salita alla cima è  diventata, complice la tendenza in atto in tutti i campi della vita sociale e  lavorativa, una “corsa”; da sbrigare in giornata, così da ritornare a valle  prima possibile per potersi occupare d’altro. 
            La montagna, dunque, sta perdendo l’insostituibile funzione  che ha avuto per anni di “altro mondo possibile in questo mondo”, di spazio  diverso, con tempi diversi, con ritmi più consoni alla vita dell’uomo, al suo  essere parte dell’universo. Senza tenere in debito conto che per la sua  collocazione spaziale, spesso lontana dalle fonti di approvvigionamento, spesso  non raggiungibile da automezzi, spesso soggetta a fenomeni meteorologici estremi  anche nel pieno della stagione estiva, il rifugio non può – “per definizione” –  fornire la stessa qualità di servizi offerta da un albergo o da un ristorante.  Rimane però il fatto che, come ricordava Luigi Zobele, presidente della SAT a  cavallo degli anni ottanta e novanta, anche gli alpinisti non sopportano più la  “puzza dei piedi”.  
            Il rifugio è stato ed in diversi casi rimane ancora oggi –  in estate ed in inverno - un modo diverso di affrontare la montagna, ma in  senso più generale di affrontare la vita quotidiana: con meno pretese, con un  minore impatto, con uno stile più sobrio e confacente con lo spazio  circostante, che da sempre incute paure e sensi di inferiorità. Il rifugio  alpino è rimasto ormai l’unico luogo (ma non ovunque) dove non si guarda la tv,  dove si va a dormire alle dieci di sera, dove ci si alza all’alba senza  protestare, dove ci si lava con l’acqua fredda… ma anche dove si imparano  regole di comportamento e si riesce a far tardi in amicizia e sincerità,  imparando che il rispetto per la natura e per la montagna è prima di tutto  rispetto per sé e per gli altri. Magari fosse possibile “prescrivere” ai nostri  giovani qualche giorno di permanenza in un rifugio alpino vecchio stampo:  tornerebbero a casa sicuramente più umili e rispettosi, più attenti al senso  del limite, depurati dalla droga informativa-tecnologica che li obnubila… 
            Da quando il Trentino ha avviato la sua crescita sui mercati  turistici nazionali ed internazionali il ruolo dei rifugi e dei sentieri è  stato fondamentale: difficilmente si può incontrare un’altra regione montuosa  con lo stesso livello qualitativo di rifugi, sentieri e vie ferrate e con  un’analoga elevata preparazione professionale degli operatori della montagna,  in primis guide alpine, gestori di rifugio alpino, soccorritori. Se il Trentino  è stato e sicuramente è ancora oggi una delle più qualificate mete  alpinistiche/scialpinistiche ed escursionistiche lo si deve anzitutto alla  Natura, che ci ha donato montagne e valli ineguagliabili, ma anche a generazioni  di alpinisti locali che hanno saputo creare sulle nostre montagne strutture ad  un tempo accoglienti e molto spesso autenticamente vicine alle radici della  cultura montanara ed alpinistica della regione. 
            La situazione attuale presenta oltre cento rifugi definiti  “alpini”, ai quali vanno aggiunti una quarantina di rifugi definiti  “escursionistici” che, per molte caratteristiche, si avvicinano più  all’alberghetto di montagna che non all’isolato e spesso distante dai centri  urbani e dalle strade “rifugio alpino”. Ben trentacinque rifugi sono di  proprietà della SAT e numerosi altri di diverse sezioni del Club Alpino  Italiano. Ciò che fece dichiarare al past president del sodalizio alpino  nazionale, Roberto De Martin, che “il CAI è il primo tour operator della montagna  italiana”. La storia dei rifugi trentini è molto bella ed interessante e si  intreccia con la storia della nostra provincia autonoma, terra a cavallo del  mondo germanico e latino. Mondo alpino baciato dal sole del Mediterraneo, come  amava sottolineare il grande alpinista e geografo inglese Douglas William  Freshfield, primo salitore della Presanella e “suggeritore” della costruzione  del rifugio Rosetta nelle Pale di San Martino. Un alpinista che al fianco di  altri esploratori ha scritto pagine fondamentali nella storia del Trentino:  come si può dimenticare l’articolo “Riva to Pinzolo by the Bocca di Brenta” con  il quale John Ball descrisse per la prima volta al mondo le Dolomiti di Brenta?  (sulla straordinaria importanza dell’alpinismo inglese e tedesco per la nascita  dell’alpinismo e del turismo in Trentino si è indagato fino ad ora troppo poco  e modesto è stato il riconoscimento di questo ruolo). Sta di fatto che è  universalmente accettato che il primo rifugio della nostra provincia sia stata  la Baita Bedole, in Val Genova (Adamello), acquisita e ristrutturata allo scopo  dalla neonata SAT nel 1874 (Società alpina del Trentino nata a Madonna di  Campiglio il 2 settembre 1872). Immediatamente successiva, ad opera degli  alpinisti del Deutscher Alpenverein, fu l’edificazione della Mandron Huette,  ospitata nella soprastante conca del Mandron, al cospetto della fronte,  all’epoca molto più imponente e intensamente screpacciata di oggi, del più  grande ghiacciaio italiano. Primo rifugio in quota della SAT fu il Tosa, nel  Gruppo delle Dolomiti di Brenta, progettato da Annibale Apollonio, costruito in  meno di 50 giorni dall’imprenditore Rigotti ed inaugurato il 23 agosto 1881  sotto la prima presidenza del barone Malfatti. Non è certo questa la sede per  ripercorrere l’affascinante storia dei rifugi alpini del Trentino, salvo  ricordare la competizione tra gli irredentisti della SAT ed i club alpinistici  d’Oltralpe per la costruzione di strutture in luoghi strategici, che vide uno  degli esempi più eclatanti in alta Vallesinella (Brenta) con la contigua  costruzione dei due edifici dedicati rispettivamente all’alpinista inglese  Tuckett ed al fondatore del CAI, Sella. Così come la sequela dei rifugi “a  cubo” – dal Lares al Taramelli, dal Larcher al Garbari ai XII Apostoli – che caratterizzò  una parte rilevante dell’antropizzazione dell’alta montagna. Altra nota da  segnalare, il consistente impegno – tecnico ed economico, ma soprattutto umano  e professionale - che negli ultimi due decenni ha portato a progettare, a  ristrutturate ed a “mettere a norma”, soprattutto da un punto di vista  igienico-sanitario oltreché strutturale, nonché a fornire di dispositivi per la  depurazione delle acque e per l’autosufficienza energetica diversi rifugi  storici, tra i quali gli altissimi Vioz e Boè. In occasione delle celebrazioni  per i 130 anni della SAT, il presidente della commissione rifugi, Benassi,  scrisse che “anche i rifugi alpini hanno subito nel corso di un secolo, ed in  modo più vistoso negli ultimi decenni, una grande evoluzione come avvenuto per  qualsiasi altra costruzione abitativa delle valli e delle città. Ne è stata  intaccata quella atmosfera di tranquillità e distacco dal mondo civile che  originariamente di certo possedevano e tanto rimpianto suscita nei romantici  dei monti che forse sperano sempre in un, quanto mai improbabile, ritorno al  passato”. Certamente la storia dei rifugi alpini del Trentino è intrinseca alla  storia della SAT, ma non solo. Negli ultimi anni è emerso con decisione e  rilevanza il ruolo di una nuova associazione, denominata appunto “gestori di  rifugi del Trentino”, attraverso la quale la categoria sta cercando di  imprimere un contributo alla crescita del settore, anche attraverso  interessanti collaborazioni con enti pubblici e privati – turistici e non - e  con le strutture formative della Camera di Commercio di Trento.  
            Tra i cambiamenti più rilevanti che hanno in parte stravolto  la vita dei rifugi vi sono stati quelli derivanti dall’adeguamento a norme  chiaramente formulate per le strutture turistiche di fondovalle, che in  montagna hanno assunto la dimensione di una contraddizione in termini. I  gestori si sono trovati di fronte a situazioni veramente paradossali, nelle  quali la burocrazia ha potuto dare “il meglio di se” (ovviamente lo si afferma  con l’ironia degna del caso…), che spesso sono state risolte solo grazie al  vecchio, sano, buon senso del montanaro padre di famiglia…. Figura centrale  nella vita del rifugio è senz’altro quella del gestore. Una figura al tempo  romantica quanto concreta, che deve riassumere su di sé e sui propri  collaboratori competenze per così dire infinite…. Da un lato egli deve saper  essere un valido “albergatore”, capace di praticare o coordinare le tipiche  mansioni di chi gestisce una struttura d’accoglienza turistica. Da un altro lato  deve avere le competenze, quantomeno minimali, dell’idraulico e del lattoniere,  del muratore e dell’elettricista,. Da un altro lato ancora deve conoscere bene  il territorio montuoso circostante, per poter dare informazioni precise sui  luoghi e sugli itinerari; un consiglio, anche tecnico, indicazioni di tipo  meteorologico ovvero sull’abbigliamento e l’attrezzatura migliori e proprio per  questo in diversi casi egli è pure guida alpina. Chiunque può capire che una  persona così si avvicina molto ad un “Fenomeno”: e prima di criticare il  gestore burbero che magari non si è intrattenuto amabilmente con la propria  compagnia, qualche escursionista dovrebbe chiedersi se il gestore non abbia per  la testa il problema della mancanza d’acqua corrente o la nottata persa per  qualche soccorso in parete… Una cosa è senz’altro certa: che il gestore ama la  montagna in maniera spesso esagerata e che, nella stragrande maggioranza dei  casi, non vede remunerati dal punto di vista economico i propri sacrifici, ai  quali si dovrebbero spesso aggiungere anche quelli dei familiari che  condividono questa esperienza, di vita e di lavoro. Non a caso il “mestiere” di  gestore – quasi una “missione” – viene trasmessa a volte di padre in figlio ed  alcuni rifugi sono gestiti da molti anni da membri della stessa famiglia, pur  restando la proprietà in capo ad altri soggetti, come nel caso di alcuni rifugi  della SAT.  
            Evidentemente i rifugi non si valorizzano e rilanciano con  la bacchetta magica. Per certi versi si potrebbe affermare che la loro  battaglia è persa in partenza, a fronte delle forze incommensurabilmente  superiori messe in campo da coloro che propongono modelli culturali opposti.  Però come per Davide di fronte a Golia, anche per i rifugi non è da escludere  una importante opportunità per un futuro da protagonisti. Sempre che la  politica voglia e sappia riconoscere loro un ruolo guida non semplicemente in  ambito turistico, ma anche se non soprattutto sociale e culturale. Per questo  occorre intervenire su più livelli. Sicuramente operando per un miglioramento e  un inserimento sempre più compatibile delle strutture con il territorio nel  quale sono insediate, migliorando gli edifici, rendendoli più ecologici e più  efficienti nel campo dell’energia, dell’uso dell’acqua, del recupero e riciclo  dei rifiuti. Per altri versi puntando sulla loro funzione di insostituibile  “porta d’accesso” alle meraviglie della natura e della montagna, valorizzandone  la funzione culturale, di punto di informazione e di educazione ambientale (in  questo senso è stata esemplare negli anni scorsi l’iniziativa della SAT che ha  dotato i propri rifugi di appositi pannelli informativi curati dalla  Commissione scientifica con il supporto economico della Fondazione Cassa di  Risparmio di Trento e Rovereto). Infine, adottando apposite campagne di  informazione e di promozione per farli conoscere e per favorire la loro  frequentazione, alcune delle quali negli ultimi anni hanno già dato buoni  risultati. Si dovrà in ogni caso promuovere, più di quanto non sia già stato  fatto fino ad ora, il “camminare in montagna” (che poi si articoli nelle varie  discipline dell’escursionismo o dell’alpinismo poco importa…) arrivando ad un  rifugio o sostando presso di esso, come la pratica sportiva più bella, utile,  salubre e … economica del Trentino e delle Alpi: il nostro vero “sport  nazionale”. Tutti i trentini, ad iniziare dai giovani, dovrebbero praticare il  “camminare in montagna” – in tutta sicurezza - come attività salutistica,  sportiva e formativa e frequentare i nostri rifugi, per imparare a conoscere e  rispettare l’ambiente e la montagna, segni identitari della nostra “terra tra i  monti”. Una proposta operativa potrebbe consistere, ad esempio, nella  programmazione di esperienze formative in rifugio per i giovani studenti  trentini o al termine delle lezioni di giugno, o prima dell’avvio delle lezioni  di settembre, quando la montagna è bellissima ed i rifugi sono quasi vuoti, le  guide alpine ed i soccorritori meno impegnati e dunque questi soggiorni  potrebbero essere utili, oltreché dal punto di vista socio-culturale per i  giovani, anche dal punto di vista economico per i professionisti della montagna  trentina. Montagna dunque come “compagna di vita” dei trentini, ma anche come  “maestra di vita”, che aiuta a riportare l’uomo nella sua dimensione limitata  nello spazio e nel tempo, di fronte alla grandiosità ed all’eternità della  Natura. Ma per conoscerne ed apprezzarne qualità e segreti occorre essere  introdotti nel suo mondo da persone competenti ed appassionate, motivate ed  aggiornate: i tanti volontari della montagna per esempio, ad iniziare dalle  persone impegnate nei club alpini, ma anche i professionisti della montagna,  guide alpine ed accompagnatori, soccorritori e maestri di sci ed appunto  gestori di rifugio. 
            Nessun risultato sarà dunque possibile senza riconoscere un  valore, un ruolo, una competenza prioritaria a colui (o colei) che in quel  luogo ha scelto di vivere a tempo pieno per alcuni mesi all’anno, cioè il  gestore di rifugio, per il quale in questa sede si propone finalmente un riconoscimento  ufficiale rappresentato dall’inserimento nell’albo professionale, curato  direttamente da un apposito collegio con la supervisione della Provincia.  Occorre sostenere l’attività del gestore, favorendone la sicurezza economica,  ma anche assicurandone la crescita professionale, pure attraverso momenti  formativi, incontri con persone competenti nei loro campi di attività, visite  di studio ed esperienze in Italia ed all’estero. Per lo stesso gestore ma anche  per i suoi collaboratori più stretti, ad iniziare da familiari. Molto spesso,  infatti, il gestore “ufficiale” è affiancato in questo suo duro lavoro da uno o  più familiari (il coniuge, un fratello od una sorella, uno o più figli): e per  questo motivo il presente disegno di legge, oltre che riconoscere “di diritto”  l’iscrizione all’albo professionale per coloro che sono già gestori da anni,  prevede che il collegio possa considerare le situazioni nelle quali procedere  all’iscrizione “di diritto” di un massimo di due familiari per ciascun gestore  iscritto. La proposta di legge riconosce inoltre la possibilità che la giunta  provinciale sovvenzioni non solo la formazione, l’aggiornamento e la  qualificazione professionale dei gestori e dei loro collaboratori - e questa si  ritiene sia una importante novità nei 130 anni di storia dei rifugi trentini -  ma anche le attività di promozione della conoscenza dell’ambiente montano e di  diffusione dell’alpinismo tra i giovani. Si potrà affermare che da sempre i  gestori di rifugio svolgono queste funzioni, ma finalmente ciò trova  riconoscimento in una legge della Provincia e nell’impegno della stessa a  finanziare pure queste funzioni, sia nel caso esse siano svolte dal collegio  unitariamente, oppure da gestori singoli o associati (ad esempio nel caso della  SAT o di altre sezioni del CAI, oppure da gestori di rifugi posizionati nella  stessa valle o nello stesso gruppo montuoso: sarebbe in questo modo possibile,  tanto per fare due esempi, sovvenzionare iniziative promozionali della Via  Alpina promosse dai gestori i cui rifugi si trovano lungo questo trekking,  oppure iniziative promozionali della Via delle Bocchette del Brenta da parte  dei gestori di rifugi collocati in questo gruppo montuoso).  
            Insomma, se il passato dei rifugi alpini del Trentino è  stato glorioso, il futuro non è sgombro da ombre e minacce di temporale. Le  frontiere sono numerose e tutte complesse. Dalla gestione della struttura, con  i problemi energetici ed ambientali; le certificazioni di qualità che non  potranno mancare; i problemi dell’approvvigionamento delle forniture a costi  contenuti; il personale costretto ad operare in condizioni spesso difficili; la  necessità di interagire sempre di più e sempre meglio con l’intero comparto  turistico, con gli operatori del marketing e dell’accoglienza; l’opportunità di  riempire di contenuti culturali l’esperienza della vita in rifugio. Oggi più  che mai occorre evidenziare punti di forza e di debolezza, non solo di  categoria ma di ogni singolo rifugio (perché esistono differenze enormi, pur  nell’imprinting comune, tra un rifugio a 10 minuti dalla stazione della funivia  ed un rifugio a tre ore di cammino dal parcheggio…), sviluppare una strategia  integrata che prioritariamente dovrà caratterizzarsi per un pieno  riconoscimento e per una valorizzazione delle persone, cioè dei gestori e dei  loro collaboratori, investendo senza tentennamenti nella formazione e  nell’aggiornamento, nelle esperienze in Italia ed all’estero, nell’acquisizione  di competenze linguistiche e commerciali. Già 130 anni fa la SAT, intuendo le  potenzialità di sviluppo del turismo alpinistico, concedeva borse di studio ai  figli degli albergatori affinché potessero maturare delle esperienze all’estero  al fine di riportare a casa esempi virtuosi e modelli da imitare o da  migliorare. Perché non immaginare possibile un simile investimento da parte  della Provincia di Trento nei confronti dei gestori di rifugio, dei loro  familiari e dei loro collaboratori? 
            Informare con obiettività e correttezza su che cosa sia e  che cosa possa offrire un rifugio in termini di ospitalità ed accoglienza non è  una funzione che può essere lasciata solo al club alpino od alla buona volontà  dei gestori, singoli o associati. Occorre avviare una forte collaborazione –  per certi versi già in parte attiva in alcune località – con gli albergatori,  alcuni dei quali sono peraltro anche gestori di rifugio, e con le loro  associazioni. E’ recente, in questo senso, l’iniziativa dell’Associazione degli  albergatori del Trentino di costituire al fianco dei giovani albergatori anche  un gruppo di giovani gestori di rifugio, per affrontare insieme le  problematiche comuni e per avviare processi di integrazione nel rispetto delle  diverse caratteristiche.  
            Per una maggiore qualificazione della professione di gestore  di rifugio ci si potrebbe accontentare anche solo dell’istituzione dell’albo,  gestito dal servizio Turismo della Provincia, così come adottato dalla Regione  Val d’Aosta con una apposita legge del 2004, al cui precedente ci si è  agganciati per proporre il presente disegno di legge. Ma ci è apparsa  particolarmente significativa la possibilità di creare anche per i gestori di  rifugio della nostra provincia un organo di “autogoverno ed autodisciplina”,  fattori di straordinaria importanza culturale e specificità in un Trentino che  fa della propria autonomia – estesa a tutte le istituzioni locali ed a molte  organizzazioni della società civile – il proprio elemento di distinzione.  Peraltro, la citata legge della Val d’Aosta prevede l’obbligatorietà  dell’aggiornamento professionale, pena l’esclusione dall’elenco regionale dei  gestori. La soluzione qui proposta per il Trentino lascia invece ogni  competenza su questo e su altri termini al collegio provinciale, proprio per la  volontà di riconoscere autonoma capacità decisionale di governo e disciplina  alla categoria organizzata. Inoltre, si vuole rifuggire totalmente dall’idea  che un collegio possa “cristallizzare” l’esistente, confermando una sorta di  lobby che agirebbe solo in tutela dei propri interessi e di quelli dei propri  iscritti: gli atti ed i regolamenti fondamentali che reggeranno le attività del  collegio saranno in ogni caso sottoposti alla valutazione tecnica del Servizio  turismo, che cura il coordinamento di tutte le professioni della montagna, ed  alla valutazione politica dell’assessore di competenza e dell’intera Giunta  provinciale.  
            L’istituzione di un “collegio” proprio dei gestori creerebbe  una similitudine con la situazione esistente nelle altre due professioni  tipiche della montagna, la guida alpina ed il maestro di sci, completando così  l’organizzazione delle rispettive categorie. Senza nulla togliere  all’autonomia, alle prerogative ed alle attività proprie svolte con passione e  qualità per anni prima dalla SAT ed in seguito anche dall’Associazione gestori  di rifugi del Trentino. Il presente disegno di legge riconosce infatti  chiaramente il ruolo svolto dalla SAT e dall’Associazione dei gestori,  prevedendo in via transitoria l’iscrizione “agevolata” all’albo dei gestori per  coloro che lo sono già o lo sono stati negli ultimi anni, ma individuando nel  contempo un percorso per coloro che vorranno diventarlo, fissando in questo  processo un ruolo prioritario per il collegio provinciale. Si ritiene pertanto  che l’opzione individuata nel disegno di legge sia molto probabilmente la più  qualificante per una categoria che desidera e può crescere in termini di  competenze, capacità gestionali, responsabilità. Ed in questo il Trentino  potrebbe essere vero pilota a livello nazionale ed alpino. L’eventuale adozione  da parte del Consiglio provinciale di Trento della proposta di legge n.  210/XIII (a firma Zorzi e Bombarda), istitutiva dell’Accademia della montagna  del Trentino, creerebbe infine il naturale completamento del processo di  aggregazione professionale degli operatori della montagna, soprattutto per  quanto riguarda la formazione, l’aggiornamento e la qualificazione  professionale, con probabili effetti benefici sulla gestione e sulla promozione  di tutte le attività riguardanti il territorio montano.  
            Dal punto di vista della tecnica legislativa si è inteso  procedere con una modifica della legge provinciale 23 agosto 1993 n. 20  (“Ordinamento della professione di guida alpina, di accompagnatore di  territorio e di maestro di sci nella Provincia di Trento”) anziché con una  legge ad hoc proprio per marcare la “chiusura del cerchio” operando in analogia  rispetto alla regolamentazione delle tre professioni cardine della montagna,  che sono appunto quella di guida alpina, quella di maestro di sci e quella di  gestore di rifugio alpino (per inciso in diversi casi la stessa persona  incardina contemporaneamente le tre figure professionali). Un’altra legge che  si occupa di rifugi, ma più da un punto di vista degli aspetti strutturali del  cosiddetto “patrimonio alpinistico” connessi con l’attività turistica è la 15  marzo 1993, n. 8 (“Ordinamento dei rifugi alpini, dei bivacchi, sentieri e vie  ferrate”).  
            Descrizione del disegno di legge 
            L’articolo 1 è una modifica tecnica al titolo della legge  provinciale 23 agosto 1993, n. 20, con la quale si aggiunge la professione di  gestore di rifugio alpino tra quelle regolamentate dalla norma oltre alle  professioni di guida alpina, accompagnatore di territorio (il quale fa parte  del collegio delle guide alpine) e di maestro di sci. Anche l’articolo 2 ha  funzione tecnica di correzione dell’articolo 1 della legge vigente. 
            Con l’articolo 3 si inserisce nella legge un nuovo Titolo,  il II bis, appositamente dedicato ai gestori di rifugio alpino, mentre con  l’articolo 4 si viene a creare il Capo I “Ordinamento della professione”.  
            Seguendo lo schema adottato dal Legislatore nella stesura  della LP 20/93, con gli articoli dal 5 al 9 del disegno di legge, che  costituiscono la parte centrale ed il “cuore” della proposta, si introducono  una serie di articoli nella legge vigente al fine di definire l’oggetto della  professione di gestore di rifugio alpino (“colui che professionalmente assicura  l’esercizio e la custodia non occasionale di un rifugio alpino”); l’istituzione  del nuovo albo professionale di categoria; l’abilitazione all’esercizio della  professione (che si conseguirà mediante la frequenza degli appositi corsi);  l’organizzazione dei corsi e degli esami; l’istituzione del Collegio  provinciale dei gestori di rifugio alpino, “organo di autodisciplina e di  autogoverno della professione”, i cui organi e le cui funzioni ricalcano, con  le dovute differenze, l’attività dei Collegi delle guide alpine e dei maestri  di sci. L’articolo 9, in modo particolare, prevede che nel consiglio direttivo  del collegio siano presenti di diritto il presidente della SAT ed il presidente  dell’associazione dei gestori di rifugi trentini più rappresentativa (o i loro  delegati), dimostrando dunque ancora una volta il riconoscimento per l’attività  svolta da queste due associazioni. Inoltre, riconosce al collegio il compito di  collaborare, oltreché con le autorità provinciali, anche con gli enti della  promozione turistica, con gli enti gestori dei parchi e delle aree protette,  con le associazioni degli albergatori. 
            L’articolo 10 costituisce norma tecnica di adeguamento alle  modifiche apportate in precedenza alla legge vigente, mentre con gli articoli  11, 12, 13 e 14 si integrano articoli della legge vigente affiancando alle  guide ed ai maestri di sci anche i gestori di rifugio. 
            Di fondamentale importanza per la crescita della professione  è senz’altro anche l’articolo 15, il quale prevede gli interventi della Giunta  provinciale a favore del Collegio (“per il miglioramento della qualificazione  professionale dei gestori e dei loro collaboratori”) ed a favore dello stesso o  di gestori singoli od associati per iniziative di “promozione dell’ambiente  montano” (art. 52, c. 1, lett. a) e di “diffusione dell’alpinismo tra i  giovani” (art. 52, c. 1, lett. b). Si tratta di attività da sempre centrali  nella vita del rifugio, che la legge vigente riconosce (ovviamente) alle scuole  di alpinismo ed alle guide alpine, ma che attraverso questo articolo viene  riconosciuta come compito sovvenzionabile dalla Provincia anche per i gestori  di rifugio, in forma singola od associata (collegio, associazioni di gestori,  gruppi di gestori).  
            Con l’articolo 16 si procede ad integrare l’articolo 13  della legge sul patrimonio alpinistico, inserendo l’abilitazione alla gestione  di rifugio alpino. 
            Come evidenziato in relazione, con l’articolo 17 si  prevedono in prima attuazione della legge le condizioni per riconoscere a  coloro che sono già o che sono stati gestori di rifugio alpino per alcune  stagioni nell’arco di una serie di anni l’iscrizione “di diritto” all’albo  professionale. Si è operata una piccola distinzione tra i rifugisti della SAT e  gli altri, potendo garantire la SAT un processo storico ed un coordinamento  certo dell’attività dei propri rifugi, con una selezione accurata dei gestori.  Nel secondo comma, come spiegato in relazione, si è inteso riconoscere al  collegio la possibilità di prevedere le condizioni per l’iscrizione “di  diritto” fino a due familiari per ogni singolo gestore iscritto. Il terza comma  fa salve le autorizzazioni già rilasciate ai sensi della legge provinciale n.  8/1993. 
            L’articolo 18 detta infine la norma finanziaria, rinviando  la copertura delle spese da parte di una legge successiva o della legge di  bilancio. 
            Cons. prov. dott. Roberto Bombarda 
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            DISEGNO DI LEGGE 
            Art. 1 
            Modifiche al titolo della legge provinciale 23 agosto 1993,  n. 20, concernente “Ordinamento della professione di guida alpina, di  accompagnatore di territorio e di maestro di sci nella Provincia di Trento e  modifiche alla legge provinciale 21 aprile 1987, n. 7 (Disciplina delle linee  funiviarie in servizio pubblico e delle piste da sci)” 
            1. Nel titolo della legge provinciale 23 agosto 1993, n. 20,  le parole: di territorio e di maestro di sci” sono sostituite dalle seguenti:  “di territorio, di maestro di sci e di gestore di rifugio alpino”. 
            Art. 2 
              Modifiche all’articolo 1 della legge provinciale 
            23 agosto 1993, n. 20 
            1. Al comma 1 dell’articolo 1 della legge provinciale 23  agosto 1993, n. 20, le parole: di territorio e di maestro” sono sostituite  dalle seguenti: “di territorio, di maestro di sci e di gestore di rifugio  alpino”. 
            Art. 3 
              Inserimento del titolo II bis 
              nella legge 
            provinciale 23 agosto 1993, n. 20 
            1. Dopo l’articolo 40 della legge provinciale 23 agosto  1993, n. 20, è inserito il seguente titolo: 
  “Titolo II bis - 
            Gestori di rifugio alpino 
            Art. 4 
              Inserimento del capo I nel titolo II bis della 
              legge provinciale 23 agosto 1993, n. 20 
            1. Dopo l’articolo 40, nel titolo II bis della legge  provinciale 23 agosto 1993, n. 20, è inserito il seguente capo: 
  “Capo I - 
              Ordinamento della professione” 
                          Art. 5 
            Inserimento dell’articolo 40.1 nella legge provinciale 23  agosto 1993, n. 20 
                          1. Dopo l’articolo 40, nel capo I del titolo II bis della  legge provinciale 23 agosto 1993, n. 20, è inserito il seguente articolo: 
“Art. 40.1 - 
Oggetto della professione di gestore di rifugio alpino 
1. È gestore di rifugio alpino colui che professionalmente  assicura l’esercizio e la custodia non occasionale di un rifugio alpino di cui  all’articolo 6 della legge provinciale 15 marzo 1993, n. 8 (Ordinamento dei  rifugi alpini, bivacchi, sentieri e vie ferrate).” 
            Art. 6 
              Inserimento dell’articolo 40.2 nella legge 
            provinciale 23 agosto 1993, n. 20 
            1. Dopo l’articolo 40.1 della legge provinciale 23 agosto  1993, n. 20, è inserito il seguente: 
  “Art. 40.2 - 
              Albo professionale dei gestori di rifugio alpino 
              1. L'esercizio della professione di gestore di rifugio  alpino è subordinata all'iscrizione nell'apposito albo professionale  provinciale tenuto, sotto la vigilanza della Provincia, dal collegio  provinciale dei gestori di rifugio alpino di cui all'articolo 40.5. 
            2. Il collegio provinciale dei gestori di rifugio alpino rilascia  agli iscritti la tessera e il distintivo.” 
            Art. 7 
              Inserimento dell’articolo 40.3 nella legge  
              provinciale 23 agosto 1993, n. 20 
            1. Dopo l’articolo 40.2 della legge provinciale 23 agosto  1993, n. 20, è inserito il seguente: 
  “Art. 40.3 - 
              Abilitazione all’esercizio della professione 
              1. L'abilitazione all'esercizio della professione di gestore  di rifugio alpino si consegue mediante la frequenza degli appositi corsi  tecnico-pratici, didattici, culturali e il superamento dei relativi esami. Il  diploma di abilitazione è rilasciato dal Presidente della Provincia.” 
            Art. 8 
              Inserimento dell’articolo 40.4 nella legge  
              provinciale 23 agosto 1993, n. 20 
            1. Dopo l’articolo 40.3 della 23 agosto 1993, n. 20, è  inserito il seguente 
  “Art. 40.4 - 
              Organizzazione dei corsi e degli esami 
              1. La Provincia, in relazione alle disponibilità di  bilancio, può assumere a proprio carico le spese relative all'organizzazione e  all'attuazione dei corsi e degli esami previsti da questa legge. Sono in ogni  caso poste a carico della Provincia le spese per la copertura assicurativa, per  l'acquisto di materiali didattici e per i corrispettivi agli istruttori e agli  insegnanti. Non possono essere poste a carico della Provincia le spese  concernenti il vitto e l'alloggio dei partecipanti e quelle di trasferimento  nelle località sede dei corsi e degli esami. La Giunta provinciale determina le  quote di iscrizione ai corsi di abilitazione per i candidati residenti e non  residenti in provincia di Trento. 
              2. La Giunta provinciale può assumere a proprio carico, in  tutto o in parte, per i soli gestori di rifugio alpino residenti in provincia  di Trento, le spese di iscrizione, di viaggio, di vitto e alloggio sostenute in  occasione dei corsi per la formazione e l'aggiornamento, anche se svolti  all'estero, dai gestori di rifugio alpino. 
              3. La Giunta provinciale può affidare al collegio  provinciale dei gestori di rifugio alpino, in collaborazione con la Società  degli alpinisti tridentini (SAT) e con l’associazione dei gestori di rifugio  trentini più rappresentativa l'attuazione dei corsi per il conseguimento  dell'abilitazione all'esercizio della professione, dei corsi di  specializzazione, nonché dei corsi di aggiornamento. A tal fine vengono  stipulate apposite convenzioni nelle quali sono, tra l'altro, previste: 
              a) le modalità per la scelta delle località in cui saranno  effettuati i corsi e gli esami; 
              b) le qualifiche degli istruttori e degli insegnanti e la  relativa remunerazione; 
              c) i massimali delle assicurazioni contro i rischi di responsabilità  civile e di infortunio per istruttori, insegnanti e allievi.” 
            Art. 9 
              Inserimento dell’articolo 40.5 nella legge  
              provinciale 23 agosto 1993, n. 20 
            1. Dopo l’articolo 40.4 della legge provinciale 23 agosto  1993, n. 20, è inserito il seguente: 
  “Art. 40.5 - 
              Collegio provinciale dei gestori di rifugio alpino 
              1. È istituito, come organo di autodisciplina e di  autogoverno della professione, il collegio provinciale dei gestori di rifugio  alpino. Del collegio fanno parte tutti i gestori iscritti all'albo della  provincia, nonché i gestori residenti nella provincia di Trento che abbiano  cessato l'attività per anzianità o per invalidità. 
              2. Sono organi del collegio: 
              a) l'assemblea, formata da tutti i membri del collegio; 
              b) il consiglio direttivo, composto da rappresentanti eletti  tra tutti i membri del collegio, nel numero e secondo le modalità previste dai  regolamenti di cui alla lettera c) del comma 3 nonché dal presidente della SAT  o suo delegato e dal presidente dell’associazione dei gestori di rifugio  trentini più rappresentativa o suo delegato; 
              c) il presidente, eletto dal consiglio direttivo al proprio  interno. 
              3. Spetta all'assemblea del collegio: 
              a) eleggere il consiglio direttivo; 
              b) approvare annualmente il bilancio consuntivo del  collegio; 
              c) adottare i regolamenti relativi al funzionamento del  collegio su proposta del consiglio direttivo; 
              d) pronunciarsi su ogni questione che le venga sottoposta  dal consiglio direttivo o sulla quale una pronuncia dell'assemblea venga  richiesta da almeno un quinto dei componenti. 
              4. Spetta al consiglio direttivo: 
              a) determinare la misura del contributo annuale a carico  degli iscritti e le modalità della sua riscossione; 
              b) svolgere tutte le funzioni concernenti le iscrizioni e la  tenuta dell'albo professionale; 
              c) vigilare sull'esercizio della professione e applicare le  sanzioni disciplinari; 
              d) collaborare con le competenti autorità provinciali, con  gli enti provinciali e locali di promozione turistica, con gli enti gestori dei  parchi e delle aree protette, con la SAT, con le associazioni dei gestori di  rifugio del Trentino e con le associazioni degli albergatori del Trentino; 
              e) svolgere ogni altra funzione attribuita al collegio dalla  presente legge. 
              5. I regolamenti di cui alla lettera c) del comma 3 sono  approvati dalla Giunta provinciale.” 
            Art. 10 
              Modifiche all’articolo 40 bis della legge  
              provinciale 23 agosto 1993, n. 20 
            1. Al comma 2 dell’articolo 40 bis della legge provinciale  23 agosto 1993, n. 20, le parole: “16 bis e 24” sono sostituite dalle seguenti:  “16 bis, 24 e 40.1”. 
            Art. 11 
              Modifiche all’articolo 41 della legge provinciale 23 agosto  1993, n. 20 
            1. Nel comma 1 dell’articolo 41 della legge provinciale 23  agosto 1993, n. 20, dopo le parole :“collegio provinciale dei maestri di sci”  sono aggiunte le seguenti: “o del collegio provinciale dei gestori di rifugio  alpino”. 
            Art. 12 
              Modifiche all’articolo 42 della legge  
              provinciale 23 agosto 1993, n. 20 
            Nel comma 3 dell’articolo 42 della legge provinciale 23  agosto 1993, n. 20, le parole: “guide alpine e del collegio provinciale dei  maestri di sci” sono sostituite dalle seguenti: “guide alpine, del collegio  provinciale dei maestri di sci e del collegio provinciale dei gestori di  rifugio alpino”. 
            Art. 13 
              Modifiche all’articolo 44 della legge  
              provinciale 23 agosto 1993, n. 20 
            1. Nel comma 1 dell’articolo 44 della legge provinciale 23  agosto 1993, n. 20, le parole: “guide alpine e del collegio” sono sostituite  dalle seguenti “guide alpine, del collegio”. 
            2. Nel comma 1 dell’articolo 44 della legge provinciale 23  agosto 1993, n. 20, dopo le parole: “collegio provinciale dei maestri di sci”  sono aggiunte le seguenti: 
            “e del collegio provinciale dei gestori di rifugio alpino”. 
            Art. 14 
              Modifiche all’articolo 47 della legge  
              provinciale 23 agosto 1993, n. 20 
            1. Nel comma 1 dell’articolo 47 della legge provinciale 23  agosto 1993, n. 20, le parole: “di territorio e di maestro di sci” sono  sostituite dalle seguenti: “ di territorio, di maestro di sci e di gestore di  rifugio alpino”. 
            2. Nel comma 2 dell’articolo 47 della legge provinciale 23  agosto 1993, n. 20, dopo le parole: “maestro di sci” sono aggiunte le seguenti:  “, di gestore di rifugio alpino”. 
            Nel comma 2 dell’articolo 47 della legge provinciale 23 agosto  1993, n. 20, le parole: “4 e 25” sono sostituite dalle seguenti: “4, 25 e  40.2”. 
            Art. 15 
              Inserimento dell’articolo 55 bis nella legge  
              provinciale 23 agosto 1993, n. 20 
            1. Dopo l’articolo 55 della legge provinciale 23 agosto  1993, n. 20, è inserito il seguente:  
  “Art. 55 bis - 
              Interventi a favore del collegio provinciale dei gestori di  rifugio alpino 
            1. La Giunta provinciale può concedere al collegio  provinciale dei gestori di rifugio alpino sovvenzioni per il miglioramento  della qualificazione professionale dei gestori e dei loro collaboratori. Può  inoltre concedere sovvenzioni per le iniziative di cui alle lettere a) e b) del  comma 1 dell’articolo 52 curate direttamente dal collegio o dai gestori di  rifugio alpino, singoli o in forma associata.” 
            Art. 16 
              Modificazione dell’articolo 13 della legge  
              provinciale 15 marzo 1993, n. 8  
            Nel comma 3 dell’articolo 13 della legge provinciale 15  marzo 1993, n. 8, sono aggiunte le seguenti parole: “, possedere l’abilitazione  all’esercizio della professione ed essere iscritto nell’albo professionale dei  gestori di rifugio alpino di cui al provvedimento legislativo ‘Modificazioni  alla legge provinciale 23 agosto 1993, n. 20, concernente ‘Ordinamento della  professione di guida alpina, di accompagnatore di territorio e di maestro di  sci nella Provincia di Trento e modifiche alla legge provinciale 21 aprile  1987, n. 7 (Disciplina delle linee funiviarie in servizio pubblico e delle  piste da sci) in materia di ordinamento della professione di gestore di rifugio  alpino.’” 
            Art. 17 
              Inserimento dell’articolo 40.6 nella legge  
              provinciale 23 agosto 1993, n. 20 
            1. Dopo l’articolo 40.5 della legge provinciale 23 agosto  1993, n. 20, è inserito il seguente: 
  “Art. 40.6 - 
              Norma transitoria in materia di iscrizione all’albo  professionale e di autorizzazione all’esercizio di rifugio alpino 
            In prima attuazione di questa legge, sono iscritti di  diritto nell’albo professionale di cui all’articolo 40 ter tutti coloro che  abbiano gestito professionalmente un rifugio alpino per almeno tre volte in una  stagione all’anno nell’arco degli ultimi dieci anni e tutti coloro che hanno  gestito un rifugio alpino di proprietà della SAT per almeno una stagione  nell’arco degli ultimi tre anni.  
            I regolamenti relativi al funzionamento del collegio  prevedono i casi nei quali possono essere iscritti di diritto nell’albo  professionale fino al massimo di due familiari per ciascun gestore avente  diritto ai sensi del comma 1. 
            In prima attuazione di questa legge, sono fatte salve le  autorizzazioni all’esercizio di rifugio alpino già rilasciate ai sensi  dell’articolo 13 della legge provinciale 15 marzo 1993, n. 8.” 
            Art. 18 
              Disposizione finanziaria 
          1. Alla copertura degli oneri derivanti da questa legge si  provvede con legge successiva.  |